Il bacio
Il bacio, uno dei gesti più belli che l’uomo si scambia trasferendo emozioni, sentimenti, vibrazioni, un gesto così, apparentemente innocuo ma capace di raggiungere le radici profonde dell’essere, se rubato potrebbe creare situazioni molto spiacevoli raggiungendo il reato.
La normativa. Ai sensi del primo comma dell’art. 609 bis c.p. “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni”. Escludendo l’area della violenza o minaccia, calandosi nei giorni quotidiani, nei rapporti amicali, nei rapporti con i colleghi, quando un’avance diventa reato? Può un bacio dato sul collo della “vittima” o cercare di rubare un bacio sulle labbra, integrare il delitto di violenza sessuale?
Per alcuni soggetti vengono considerate solo delle avances non incidenti sulla libertà sessuale della donna, per alcune donne diventa un gioco, una lotta di supremazia, in altre situazioni potrebbe essere un ‘esplorare con l’olfatto, con le energie dei corpi che si sfiorano ma non si toccano per poi dirompere in un bacio appassionato, per altre persone diventa una manifestazione d’affetto, per altre un comportamento sociale, il mondo della poesia racconta di baci rubati, di amanti che sognano di rubare un candido bacio.
Learn MoreRapporti sessuali in gravidanza
Nel corso di una gravidanza a decorso fisiologico, a basso rischio, è giusto che venga conservata dalla coppia una normale vita sessuale.
Ciò non solo non comporta rischi specifici, ma consente di vivere serenamente questo evento, senza privarsi di momenti di intimità fondamentali nella vita di coppia.
Spesso un rapporto sessuale induce nella gestante qualche piccola contrazione uterina, che però normalmente scompare in pochi minuti; ciò è più frequente nel primo e nel terzo trimestre, mentre il secondo trimestre è in genere più tranquillo.
Learn MorePene piccolo
Tra le varie perplessità che colpiscono il genere maschile nella sua crescita e vita troviamo, sicuramente, quella della valutazione delle dimensioni del proprio pene. Il pene è rappresentato sia come fonte di potenza sia come piacere che l’uomo può donare a se stesso ed alla propria compagna, ma, spesso la lente di osservazione delle “dimensioni” è disfunzionale e purtroppo cattive informazioni possono portare a grossi dubbi…infatti, tale preoccupazione è tipica degli adolescenti e spesso provoca dei veri e propri conflitti che possono condurre all’evitamento delle relazioni.
Il piacere non andrebbe valutato col righello, quanto misurato in base alla qualità del rapporto sessuale nel suo insieme. La vagina è un organo elastico che ben si adatta alla grandezza del pene, grande o piccolo che sia. Inoltre per una donna è molto più importante la fase dei preliminari, la complicità e l’intimità che si viene a creare mentre si fa l’amore. La maggior parte delle persone quando parla di rapporto sessuale, si riferisce alla sua durata effettiva, cioè dall’inizio dei preliminari fino al momento dell’orgasmo,o al numero delle volte, in realtà il rapporto sessuale inizia molto prima, attraverso il pensiero e l’immaginazione. Peculiarità quali la giusta atmosfera e preparativi come una cenetta intima a lume di candela, la musica giusta o un massaggio rilassante, risultano essere fondamentali quando si fa l’amore. Molti adolescenti paragonano la grandezza del proprio membro con quello dei loro coetanei ad esempio nelle docce della palestra senza poter fare a meno di confrontarsi con loro, non pensando però, che le dimensioni dell’organo genitale maschile a riposo non sono correlate con quelle del pene in erezione! Infatti sfatiamo dei miti come: ” se è lungo a riposo chissà in erezione?? Non è vero potrebbe rimanere tale e quale, questo vale anche viceversa, un pene che apparentemente a riposo sembra piccolo in erezione potrebbe raggiunge misure normali, quindi come consiglio, fate la doccia in palestra, dopo il calcetto tranquillamente, accettate il confronto, che è naturale senza farvi strane idee..
La cultura ed i condizionamenti sociali ci hanno insegnato che, il pene, più è grande e meglio è, in realtà la profondità della vagina misura dagli 8 ai 13 centimetri e si adatta perfettamente alle misure del partner, inoltre l’organo deputato dell’orgasmo femminile è sempre il clitoride, che può essere stimolato attraverso altri giochi sensuali… Inoltre, un pene troppo grande può essere fastidioso se non addirittura doloroso per la donna, e questo la dice lunga sulle eccessive aspettative dei maschi sulle misure del loro pene!
· Secondo studi effettuati da Kinsey, le misure medie del pene in erezione sono comprese tra i 11 ed i 18 centimetri.
· La lunghezza del pene si calcola: in erezione, si piega il pene in una posizione parallela al pavimento, poi, con un righello, si misura partendo dall’osso pubico fino alla sua estremità.
Il piacere non andrebbe valutato col righello!!!
Tabella delle misure del pene in erezione (Fonte: Kinsey Institute, USA)
Lunghezza (cm.) | Uomini % | Circonferenza (cm.) | Uomini % |
9,5 | 0.2 | 3,8 | 0.3 |
10,1 | 0.3 | 4,4 | 0.4 |
10,8 | 0.2 | 5,1 | 0.4 |
11,4 | 1.7 | 5,7 | 1.2 |
12,0 | 0.8 | 6,3 | 0.3 |
12,7 | 2.0 | 7,0 | 0.3 |
13,3 | 4.4 | 7,6 | 0.4 |
13,9 | 10.7 | 8,2 | 0.4 |
14,6 | 8.0 | 8,9 | 0.9 |
15,2 | 23.9 | 9,5 | 1.1 |
15,9 | 8.8 | 10,1 | 6.3 |
16,5 | 14.3 | 10,8 | 6.3 |
17,1 | 5.7 | 11,4 | 17.1 |
17,8 | 9.5 | 12,0 | 11.7 |
18,4 | 1.8 | 12,7 | 24.1 |
19,0 | 2.9 | 13,3 | 9.9 |
19,7 | 1.0 | 13,9 | 11.5 |
20,3 | 1.0 | 14,6 | 3.0 |
20,9 | 0.3 | 15,2 | 3.9 |
21,6 | 0.3 | 15,9 | 0.5 |
22,2 | 0.1 | 16,5 | 0.5 |
22,9 | 0.1 | 17,1 | 0.1 |
Iniziamo alcune considerazioni in base alle domande raccolte dai pazienti che frequentano lo studio alla ricerca di fonti certe:
La bravura di un uomo come amante dipende dalla grandezza del suo pene? Assolutamente no, il piacere, direi che è collegato alla capacità di accogliersi, di comunicare, di accogliersi!
Differenza tra circoncisi? No, Non vi è differenza di lunghezza del pene fra individui circoncisi e non circoncisi.
Corrispondenza tra fisico e altezza? Alcune ricerche confermano l’idea che esiste una corrispondenza fra la lunghezza dell’erezione e l’altezza dell’individuo, altre ricerche affermano il contrario. Mentre non vi è alcuna correlazione col numero di scarpe, dimensioni del naso o del palmo delle mani.
Il micropene è molto raro e si riferisce ad una misura di meno di 7 centimetri di lunghezza.
Molti adolescenti temono che il loro pene non sia abbastanza grande e sia inadeguato al compimento di atti sessuali. Quasi tutti i ragazzi, prima o poi, hanno dei dubbi circa le misure del loro pene, ma l’esperienza, in genere, mostra loro che tale angoscia è del tutto immotivata. Non appena iniziano ad avere esperienze sessuali scoprono che il loro pene funziona adeguatamente ed è entro i normali standard di grandezza. Quando il pene non è eretto, in genere pende mollemente verso il basso e misura circa dagli 8 agli 11 centimetri di lunghezza e 3 centimetri di diametro, anche se ogni caso differisce dagli altri, alcuni sono più piccoli ed alcuni più grandi. Il problema, nello stabilire una grandezza media del pene non eretto, è che lo stesso pene, in queste condizioni, può variare di volta in volta. Ad esempio, l’aria fredda, l’acqua fredda, la paura o l’ansietà causano, in generale, l’avvicinamento massimo del pene (dello scroto e dei testicoli) al corpo, quindi il suo accorciamento. Nei casi di sovrappeso o obesità del soggetto, la massa di grasso corporea presente nella zona pubica e quella sovrastante – ossia il ventre e l’addome – può contribuire a far sembrare il pene, che sia flaccido o eretto, più piccolo di quello che in realtà è. Il pene non eretto può acquistare in lunghezza se immerso nell’acqua tiepida o quando l’uomo è completamente rilassato. Il peso di un uomo, la sua costituzione e la sua statura non hanno alcuna relazione con la grandezza del suo pene, sia in erezione che flaccido. La lunghezza media di un pene eretto è di 15 cm e il 90% degli uomini di tutto il mondo hanno un pene lungo tra i 13 e i 18 cm. Le dimensioni del pene, la sua larghezza ma soprattutto la sua lunghezza, variano molto anche a seconda dell’etnia di appartenenza: pare provato, ad esempio, che gli uomini di etnia indo-asiatici hanno mediamente il pene più piccolo degli uomini di etnia africana i quali paiono essere mediamente gli uomini dal pene più grande.
fonte: Wikipedia.it
Stalking
Lo stalking è un fenomeno psicologico e sociale conosciuto anche come “sindrome del molestatore assillante”, “inseguimento ossessivo” o anche obsessional following.
In Italia lo stalking è considerato reato da tempi molto recenti. Soltanto nella seduta del 18 giugno 2008, infatti, il Consiglio dei Ministri ha introdotto nel nostro codice penale il reato di stalking (articolo 612-bis, atti persecutori), relativo a “quei comportamenti ripetuti, consistenti in molestie e minacce, che creano nella persona offesa paura per la propria incolumità o per quella di persone legate da vincoli di parentela o di affetto, tali da indurre a modificare il proprio stile di vita in maniera significativa”.
La sanzione, per tale reato oscilla tra i sei mesi e i quattro anni di carcere, salvo un aggravamento di pena fino a due terzi in caso di recidiva, fino alla metà (con procedibilità d’ufficio), se il fatto è commesso nei confronti di un minore, ovvero, se ricorre una delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 339 c.p..
Ma quand’è che un corteggiamento assillante, delle attenzioni ossessive si trasformano in stalking?
Lo stalkers nella manifestazione dei suoi comportamenti è, generalmente, spinto da diverse motivazioni tra cui le più frequenti sono:
- il desiderio di avvicinare qualcuno dal quale è attratto in maniera ossessiva,
- la voglia di riallacciare una relazione con un ex partner,
- la conquista ad ogni costo o il tentativo assillante di iniziare una relazione d’amore
- il desiderio di vendetta per un presumibile torto subito, (da un ex collega di lavoro, cliente o fornitore, partner)
In ogni caso, la vittima, non è vissuta dal molestatore come un soggetto, una persona conosciuta ed apprezzata, ma diviene l’oggetto, il “mezzo” attraverso cui placare le proprie pulsioni, e soddisfare il bisogni di riconoscimento e di attenzione.
Per raggiungere i suoi scopi, lo stalker mette in atto una seri di comportamenti fastidiosi e molesti nei confronti della vittima designata:
- comunicazioni non desiderate: generalmente l’attenzione è posta sulla vittima, ma a seconda dei casi, lo stalker, manifesta comportamenti invadenti anche con i famigliari e gli amici della vittima. Lettere, telefonate, sms, mail, sono tra gli strumenti maggiormente utilizzati.
- contatti non desiderati: il molestatore cerca di pedinare la vittima, la segue sul posto di lavoro, l’aspetta sotto casa, frequenta i posti della vittima come il bar o la palestra, fino a cercare di inserirsi nella rete sociale della vittima, per poi entrare nella sfera personale con spedizioni di regali non desiderati, messaggi sulla macchina della vittima, messaggi o scritte sui muri fuori dall’abitazione e dove è possibile la cancellazione di servizi come abbonamenti postali a riviste o servizi fondamentali, quali luce, gas, telefono ect.
Un comportamento normale diviene stalking quando non si accettano i ripetuti no, quando lo stalker non accetta il rifiuto da parte dell’ altra/o, non accettando la mancanza di interesse, oppure non accettando la fine di una relazione; le ricerche empiriche individuano patologico un comportamento insistente e reiterato dopo due settimane, se la vittima ha manifestato il proprio disinteresse e il desiderio di essere lasciata in pace. E’ allora, infatti, che i comportamenti messi in atto dallo stalker non vengono più vissuti dalla vittima come semplici manifestazioni di interesse nei suoi confronti, ma cominciano a destare in questa fastidio, paura, ansia e/o fobie.
Dott. Andrea Ambrosetti
Learn MoreMasturbazione
Tra i tanti atteggiamenti di condanna o di censura nei confronti della sessualità, uno dei più stupefacenti per la sua virulenza è senza dubbio quello messo in atto verso la masturbazione.
Difatti, forse più che di fronte ad ogni altra espressione della sessualità, la coalizione tra scienza e norme morali si è fatta così salda da porre la masturbazione in una evidenza di malattia, o di peccato, o di attività comunque deprecabile. Ma, nonostante l’autoerotismo fosse da un lato descritto (Esquirol , 1916) come “la più comune causa di pazzia” o di esso fosse detto (New Orleans Medical and Surgical Journal), citato da Thomas Szasz in “Sesso a tutti i costi”, che “né la peste, né le guerre, né il vaiolo, né un gran numero di flagelli analoghi si sono mai rivelati disastrosi per l’umanità dell’abitudine a mastrurbarsi”, per citare brevi esempi in campo scientifico e, dall’altro lato fosse bollato come “contro natura” e quindi peccaminoso, i dati del rapporto Kinsey , già negli anni 50 mettevano in evidenza che il 94% dei maschi ed il 58% delle femmine avevano sperimentato la masturbazione e con questa raggiunto l’orgasmo. Sono dati confermati da altre ricerche (Hertoft , 1968; Schmidt e Sigush ,1972; Hite , 1977) nei quali le percentuali variavano di non molto rispetto a quelle indicate da Kinsey.
Sono comunque tutte ricerche che sottolineano sia la diffusione del comportamento autoerotico, sia le differenze tra maschi e femmine, per le quali la questione appare essere molto più complessa.
E’ vero che la repressione della pratica masturbatoria è stata violenta anche nei confronti dei maschi, dal 1700 ad epoche recenti. E’ forse vero, in qualche misura, che si può spiegare la minore tendenza all’autoerotismo da parte della donna con le considerazioni di psicoanaliste, come Helene Deutsch quando dice che “con tutta verosimiglianza le sensazioni vaginali non possono essere paragonate alla pressione dell’orgasmo maschile”. O con quelle di Marie Bonaparte quando sottolinea che “nell’esplorazione dei suoi genitali la bambina incontra un ostacolo generalmente ignoto al maschio: il dolore”.
E’ vero che si può chiamare in causa la diversa configurazione anatomica dei genitali femminili, più nascosti, più intimi rispetto a quelli maschili. Ma certamente il posto di primo piano, tra le cause di minor tendenza delle donne alla masturbazione, spetta alla maggiore repressione che, comunque, la sessualità femminile si è trovata a subire rispetto a quella maschile.
Nonostante tutto comunque, l’effetto della censura non ha sortito l’effetto desiderato, visto che, malgrado le condanne, la masturbazione è probabilmente l’attività sessuale più praticata.
Ciò pone questa espressione della sessualità in un ambito talmente fisiologico da essere piuttosto resistente, sul piano del comportamento, ai divieti.
Per quanto riguarda invece il vissuto dell’esperienza, le cose stanno diversamente ed è lì che la repressione coglie nel segno, generando sentimenti di colpa, di paura e di vergogna.
A sottolineare che la masturbazione non si pone nell’ambito della patologia, ma anzi nasce là dove la relazione si articola armoniosamente, vi è il contributo di Spitz.
In una ricerca condotta nell’arco di 14 anni, dal 1948 al 1962, egli mise in evidenza che tanto più il rapporto madre-figlio era armonico, tanto più frequenti erano i giochi genitali del bambino fin dal primo anno di vita.
I bambini che vivevano con i genitori erano molto più “giocosi” in questo senso che non quelli che erano costretti nei brefotrofi. Questa osservazione sembra porre il rapporto con i propri genitali in un ambito originario nel quale non è certo il ritiro dalla relazione a promuoverlo, ma anzi la sua qualità. Via via, nella storia dello sviluppo psicosessuale del bambino, la masturbazione acquista significati differenti e tutti importanti, tanto da assumere una notevole rilevanza nella strutturazione della sessualità.
Il significato dell’autoerotismo varia in particolare dal periodo di latenza (come strumento per scaricare impulsi aggressivi e sessuali, per conservare la consapevolezza dell’esistenza dei propri genitali esterni), all’adolescenza (come attività che consente una prova delle nuove risorse sessuali, nella fantasia di un rapporto a due adulto, e che contemporaneamente soddisfa desideri pregenitali inconsci). In questo tragitto si insinua il primo senso di colpa che genera conflitti interni soprattutto perché è concomitante all’evoluzione edipica. Ma, come dice Lebovici , “la masturbazione svolge una funzione fondamentale nell’elaborazione dei fantasmi ad essa collegati e nei conflitti da essi provocati, al pari dei meccanismi difensivi che derivano da tali conflitti”.
Dati recenti sull’attitudine alla masturbazione sembrano avvalorare il suo significato e la sua prerogativa nella strutturazione di una sessualità funzionale al piacere.
In due ricerche successive condotte su due gruppi diversi di volontari invitati a leggere letteratura erotica e ad assistere a film sessuali espliciti, gli psicologi californiani Abramson e Mosher hanno messo in evidenza che coloro che hanno un atteggiamento negativo verso la masturbazione si sentono maggiormente in colpa nell’assistere alla proiezione dei film, hanno avuto meno esperienze sessuali, hanno maggiori problemi di fronte al sesso e sono persino meno informati sulla contraccezione.
Questi autori hanno potuto anche determinare, mediante un’analisi termografica, che i soggetti con attitudine negativa di fronte alla masturbazione hanno una vasocongestione pelvica, una volta esposti a stimoli erotici, più scarsa rispetto a chi ha attitudini positive.
Questo dato, evidentemente, pone il buon rapporto con la masturbazione come un fattore predittivo importante verso una buona sessualità. Ben lungi quindi dall’essere una pratica sessuale nociva , o anormale, essa non è contro la relazione, ma può essere, al contrario, verso una relazione sessuale piacevole ed appagante.
Un ruolo importante in questo senso è giocato dalle fantasie, scenario potenzialmente ricco nel quale l’uomo e la donna possono collocare pensieri, aspettative e desideri sessuali. In una tale dimensione, l’autoerotismo non si può considerare come sinonimo di solitudine, di triste ritiro coatto dal mondo delle relazioni, ma come esperienza preparatoria all’incontro.
Nonostante l’immaginario femminile non abbia mai dimostrato di essere povero, per lungo tempo si è ritenuto che i maschi fossero fisiologicamente più reattivi delle donne agli stimoli delle fantasie e fossero più predisposti a produrne. Ma anche questa asserzione è stata dimostrata inesatta. In particolare la Schmidt che, in due successive ricerche, ha messo in luce come tale disparità fosse da attribuire soltanto agli atteggiamenti socioculturali verso la sessualità e al modo con il quale i figli erano stati cresciuti. Atteggiamenti questi che tendono ad inibire le espressioni sessuali della donna, la sua reattività a questo tipo di stimoli e la capacità di mantenerli una volta prodotti, a causa dello svilupparsi di ideali dell’Io e di un Super-Io che limitano la reazione femminile e frequentemente la rendono conflittuale. Ancora una volta, da queste osservazioni emerge che la legge che nega è tanto forte da privare l’esperienza autoerotica di gran parte del patrimonio che la può arricchire. Così impoverita, colpevolizzata, demonizzata, può allora trovare sì schiere di detrattori che la collocano in un mondo nevrotico ed autistico. Dimensione dove, per la verità, talvolta va collocata, ma solo in quei casi di patologia dove questa pratica è un corollario di comportamenti parafilici o compulsivi.
Learn MoreMamme e lavoro
La procedura per la tutela e difesa delle madri esposte a rischi lavorativi
Il Decreto Legislativo 151/2001 recante “Testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità” impone al datore di lavoro (D.Lgs.645/98 e Legge 53/00 e D.Lgs.151/2001) di valutare i rischi anche in relazione alla gravidanza ed all’allattamento, ed identificare i luoghi di lavoro “sicuri” ove permettere alla donna in gravidanza di continuare a svolgere la sua attività.
Tale tutela prevista dalla legge è rivolta a tutte le lavoratrici dipendenti, pubbliche e private, in formazione lavoro, part-time, socie di cooperative o di società, le utenti dei servizi di orientamento e formazione scolastica, universitaria, professionale.
La lavoratrice, accertato lo stato di gravidanza lo comunica al Datore di Lavoro con un certificato medico di gravidanza rilasciato su carta intestata del S.S.N. a firma di un medico di una struttura pubblica o convenzionata con il S.S.N.
Se lo spostamento non è possibile, il datore di lavoro avvia procedura di anticipo del congedo di maternità indirizzando la lavoratrice al Servizio di Prevenzione, Igiene e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPISAL) dell’A. ULSS o alla Direzione Provinciale del lavoro competenti per il territorio dove ha sede l’azienda, con una dichiarazione scritta che deve contenere:
I dati aziendali, i dati della lavoratrice, la mansione svolta ed i rischi connessi.
Inoltre dovrà esplicare la non possibilità di spostamento in relazione all’organizzazione aziendale, indicando il relativo periodo. La lavoratrice dovrà presentarsi negli uffici sopraesposti con certificato del medico del S.S.N. nel quale siano indicate l’epoca di gestazione e la data presunta del parto.
Se lo spostamento è possibile IL DATORE DI LAVORO
I. segnala lo stato di gravidanza della dipendente alla Direzione e/o responsabile del personale, secondo le procedure adottate da ogni singola Azienda
II. informa la lavoratrice e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sui rischi presenti sul luogo di lavoro; sulle attività che devono essere evitate, le precauzioni e i dispositivi di protezione individuale da utilizzare; sulle procedure aziendali esistenti a tutela della salute e della sicurezza della stessa e del nascituro; sulle norme di tutela di tipo amministrativo e contrattuale.
III. richiede ai Dirigenti o preposti con la collaborazione del Medico Competente, del Servizio di Prevenzione e Protezione, una valutazione delle attività che possono comportare un rischio per la signora in stato interessante e il nascituro per verificare il possibile mantenimento della lavoratrice presso la stessa UO con limitazioni o cambio della mansioni.
Se la lavoratrice ha continuato a svolgere la sua attività e la gravidanza è proseguita senza complicanze, la dipendente può chiedere l’astensione dal lavoro in momenti diversi
1) Astensione anticipata che deve essere richiesta al DPL, entro i tre mesi antecedenti alla data presunta del parto, nel caso in cui si svolgano lavori ritenuti gravosi e/o pregiudizievoli in relazione all’avanzato stato di gravidanza. La DPL può, verificata la presenza delle condizioni citate, disporre l’astensione dal lavoro a partire da 3 mesi prima del parto.
2) Astensione obbligatoria Ha una durata di cinque mesi, che possono essere così distribuiti:
1. due mesi prima della data presunta del parto e tre mesi dopo la data del parto;
2. un mese prima della data presunta del parto e quattro mesi dopo il parto (flessibilità dell’astensione obbligatoria). Questa opzione può essere richiesta dalla lavoratrice nel settimo mese di gravidanza consegnando un certificato rilasciato dal ginecologo del S.S.N. o con esso convenzionato.
In caso di attività a rischio per l’allattamento questo periodo è prolungato sino a sette mesi dopo il parto. La lavoratrice può inoltrare la domanda al datore di lavoro entro il terzo mese di vita del bambino.
ADOZIONI E AFFIDAMENTI (artt.26,27,31,36,37,45,50)
Nel caso di adozione od affidamento di un bambino la madre può richiedere il periodo di astensione obbligatoria. Il congedo può essere richiesto dalla lavoratrice nel caso il bambino non abbia un età maggiore a sei anni e deve essere usato durante i tre mesi successivi all’effettivo ingresso del bambino nella famiglia adottiva od affidataria.
Si ricorda che:
In caso di parto prematuro i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto.
In caso di parto posticipato i conteggi di astensione obbligatoria post-partum, partono dalla data effettiva del parto.
Per quanto riguarda la retribuzione le lavoratrici hanno diritto, fatto salvo diversa disposizione contrattuale, ad un’indennità giornaliera pari all’80 % della retribuzione.
anche il lavoro notturno ( ore 24.6.00) è vietato dal momento dell’accertamento dello stato di gravidanza fino ad un anno di età del bambino. Inoltre che la lavoratrice non può essere obbligata a prestare lavoro notturno fino al compimento del 3° anno di età del bambino ( art. 53 D.lgs 151/01)
anche il pendolarismo, nel caso di lunghi tragitti casa- lavoro, potrebbe costituire fattore di rischio, per cui è previsto l’anticipo di un mese el congedo di maternità ( art.17 DLgs 151/01.)
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